Makoko Iloo I, per agevolare l'impresa del suo amico Brazzà, convoca tutti i capi oubandi, dei quali fanno parte anche i famosi Apfuru, che avevano attaccato Brazzà durante la sua prima spedizione (il 3 luglio 1878) costringendo lui e i suoi uomini a difendersi con le armi da fuoco, senza però provocare nè morti nè feriti, e poi fare a malincuore dietrofront. Gli Oubandi, spesso in conflitto tra loro, detenevano il monopolio della navigazione sull'Ogouè.
1 ottobre 1880
Una grossa flottiglia di splendide piroghe, scavate in un tronco d'albero intero, ciascuna con a bordo un centinaio di uomini, approdò di fronte a Ngombila. Tutte le trib Oubandi del bacino occidentale del Congo, compreso fra l'Equatore ed il territorio di Makoko, avevano voluto prendere parte alla palabra, da cui si sarebbe raggiunta la pace o la guerra. La riunione dei quaranta capi, nei loro abiti pi belli, era uno spettacolo straordinario.
In un silenzio quasi tangibile, presi la parola. Tutti sapevano che sull'alto Alima avevamo usato le armi solo per difenderci. Avremmo anche potuto proseguire, ma, ritirandoci di fronte al loro divieto di avanzare, e vivendo in pace ovunque andassimo, avevamo dato una prova inoppugnabile delle nostre buone intenzioni.
Il nostro desiderio era riuscire a fondare un villaggio nell'alto Alima e uno a N'tamo, per poter effettuare scambi di prodotti africani ed europei. L'interesse nostro e delle popolazioni locali era, perciò, concludere la pace necessaria ai rapporti che entrambi auspicavamo.
La discussione si prolungava, in quanto gli interessi in gioco erano molti. Ma la preoccupazione pi forte degli Oubandi, fino ad allora non dichiarata, era un'altra. Uno di loro mi venne di fronte, con atteggiamento fiero e grave, e, indicandomi un vicino isolotto, disse: "Guarda quell'isolotto, sembra essere stato messo lì proprio per metterci in guardia contro le promesse dei bianchi; ci ricorderà sempre che qui il primo bianco che abbiamo visto [l'esploratore Henry M. Stanley] ha fatto scorrere il sangue degli Oubandi. Uno dei tuoi uomini, che lo ha abbandonato, ti potrà dire il numero dei morti e dei feritiÉ"
Anche se mi aspettavo di dover affrontare, nelle popolazioni insediate lungo il Congo, questo tipo di sentimenti, devo ammettere che il modo coraggioso con cui mi vennero esposti mi fece un certo effetto. Dovetti far ricorso a tutta la mia diplomazia per far capire che non avevamo alcuna responsabilità di episodi a cui non avevamo partecipato, e per convincerli che i nostri rapporti, lungi da essere strumento di sfruttamento, avrebbero assicurato, invece, la loro tranquillità.
La pace fu conclusa, e così procedemmo a seppellire la guerra.
Scavammo una grossa buca proprio davanti all'infausto isolotto. Ciascun capo vi depose chi un proiettile, chi una pietra focaia, chi un intero astuccio di polvere da sparo e così via. Io e i miei uomini vi gettammo delle cartucce. Dopodichè piantammo un albero. La buca venne completamente riempita con la sua terra e uno dei capi pronunciò queste parole: "Seppelliamo la guerra così profondamente che nè noi nè i nostri figli potranno mai dissotterrarla, e l'albero che crescerà in questo luogo testimonierà l'alleanza fra bianchi e neri".
"Anche noi, aggiunsi io, sotterriamo la guerra. Possa la pace durare fintanto che l'albero non produrrà proiettili, cartucce o polvere da sparo".
In segno di pace, mi venne poi donato un astuccio da polvere da sparo vuoto, mentre io regalavo lanostra bandiera. Tutti i capi vollero allora averne uno, che strofinarono contro la prima. Poi, tutta la flottiglia oubandi issò rapidamente il pavese con il nostro tricolore.
Confèrences et lettres de P. Savorgnan de Brazza, 1897, pp. 165-167
Pietro Savorgnan di Brazzà, Makoko Iloo I - Una vita per l'Africa
2006 Roma, Parigi, Brazzaville
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